Nell’essere umano il cibo non è solo un modo di soddisfare il bisogno, ma piuttosto assume un valore simbolico che porta con sè una serie di valenze di tipo affettivo e anche relazionale.
Per questa ragione l’anoressia e la bulimia si configurano come una forma di “soluzione”, come una tentativo fallimentare di risposta alla patologia del legame del soggetto con l’Altro quale si rivela – in modo esmplare – nel rapporto con le figure parentali e le altre figure significative.
Anoressia nervosa
L’anoressia si manifesta in due modi:
- con restrizione, determinata dalla riduzione costante della quantità di cibo ingerito.
- con abbuffate e successiva eliminazione: alimentazione compulsiva seguita da vomito autoindotto, uso inappropriato di pillole lassative e diuretiche, iper-attività fisica per perdere peso.
La persona anoressica diventa così ossessionata dal cibo che la sua vita finisce con l’essere totalmente organizzata intorno alla questione alimentare, ostacolando la capacità di provare interesse e entusiasmo verso qualsiasi altra cosa.
Bulimia Nervosa
Una persona bulimica si abbuffa in modo molto diverso da quello che avviene quando normalmente si mangia troppo. Le caratteristiche tipiche del comportamento bulimico sono:
- ingestione di una quantità eccessiva di cibo, a volte per un totale di diverse migliaia di calorie, in un arco di tempo molto stretto, ad esempio nel giro di due ore, e solitamente di nascosto da altri;
- la sensazione di non poter smettere di mangiare e di non poter controllare il proprio comportamento;
- l’abbuffata è preceduta e seguita da uno stress emotivo molto forte.
Dopo aver mangiato in modo così eccessivo, la persona bulimica generalmente si sente in colpa e tende a punirsi vomitando, ingerendo pillole diuretiche e lassativi con l’intento di dimagrire. Se questo comportamento diventa ripetitivo, ad esempio si manifesta due volte alla settimana per tre mesi, si è di fronte a un chiaro segnale di disordine alimentare.